sabato 15 febbraio 2014
Facendo seguito alle osservazioni inviate qualche giorno fa da un
nostro socio circa le dichiarazioni del Presidente dell'Automobil Club d'Italia, Angelo Sticchi Damiani, circa la proposta di istituire anche in Italia i "sensi unici eccetto bici" (vedi qui),
vogliamo condividere la lunga ed argomentata risposta del presidente
stesso, che pubblichiamo integralmente senza ulteriori commenti.
Pregiatissimo Avvocato,
ho letto con attenzione i Suoi commenti alla mia intervista a "La Repubblica" sulla
possibilità di concedere ai ciclisti la facoltà di andare contromano sulle strade urbane. Pur
comprendendo le perplessità assunte in difesa della categoria rappresentata dalla
Federazione Italiana Amici delle Biciclette, mi sento il dovere di confortarLa sul fatto che
ogni mia azione - prima ancora che ogni mia parola - si basa sull'analisi dei numeri: sono
ingegnere da 44 anni e non riesco a concepire modo diverso di comportamento o di
pensiero.
Come presidente dell'Automobile Club d'Italia, Le evidenzio inoltre che i più
autorevoli studi internazionali, tra cui il Rapporto ACI-ISTAT sugli incidenti stradali in
Italia e in Europa, sottolineano che:
- il rischio di mortalità in bicicletta è più del doppio di quello delle autovetture;
- una bicicletta circolante su strade aperte al traffico ha una probabilità di incorrere in
un incidente 8 volte superiore rispetto a un'automobile;
- il 50% degli incidenti che coinvolgono un velocipede sono imputabili al
comportamento scorretto del ciclista (guida distratta, mancato rispetto della segnaletica,
manovre irregolari, guida contromano).
Della possibilità per le biciclette di circolare contromano si discute da tanto tempo. Il
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha diramato già nel 2011 una circolare (prot.
n. 6234 del 2 I dicembre, a firma del Direttore Generale, ing. Sergio Dondolini) sulla
circolazione delle biciclette contromano nelle cosiddette "zone 30", ponendo però alcune
condizioni inderogabili come lo scarso volume di traffico e un'ampiezza minima della
strada pari a 4,25 metri. Chiunque giri quotidianamente sulle strade urbane italiane sa bene
quanto tali condizioni siano difficilmente realizzabili, non soltanto per la considerevole
congestione veicolare. Il gran numero di veicoli in sosta a bordo strada restringe
notevolmente lo spazio vitale per la circolazione stradale e riduce in modo pericoloso la
visuale per chiunque conduca un veicolo, sia a due che a quattro ruote.
Alla luce di tutto ciò, pensare ancora di pedalare contromano mi sembra davvero un
controsenso. Non soltanto per il legislatore, ma soprattutto per chiunque circoli
responsabilmente su strada, ìn auto come in bicicletta.
Questa convinzione è suffragata anche dalla mia esperienza di ingegnere applicata
all'urbanistica e ai trasporti. Basta guardare proprio ai modelli di mobilità in Europa che
Lei cita per cogliere l'impossibilità di una loro replica tout court nei nostri centri urbani. E'
infatti evidente che la maggior parte delle "zone 30" di molte città straniere presentano
caratteristiche strutturali profondamente diverse dalle realtà italiane: i pochi automobilisti
che vi transitano percepiscono subito di essere in uno spazio dove la precedenza spetta alle
cosiddette "utenze vulnerabili", che come tali sono appunto protette in queste aree dove il
traffico motorizzato è "tollerato" ma fortemente circoscritto con restringimenti della
sezione stradale, cambi di direzione, sopraelevazioni della carreggiata e dei passaggi
pedonali, riduzione al minimo della segnaletica stradale.
Il nostro ambiente urbano va quindi totalmente ripensato e rimodellato per essere
davvero sostenibile, non solo da un punto di vista ecologico ma anche - e soprattutto - da
un punto di vista economico e sociale. Non a caso il 70% degli incidenti stradali avviene in
città: basta questo dato ad evidenziare il fabbisogno di sicurezza stradale del Paese.
Guardando al futuro, dobbiamo intraprendere un percorso di sviluppo dei nostri centri
urbani perseguendo logiche ed esperienze di smart city, che certo non si applicano agendo
solo sulle regole di circolazione. Ridisegniamo prima le città e poi adatteremo di
conseguenza il Codice della Strada.
L'Automobile Club d'Italia e tutte le sue strutture nazionali e locali collaborano da
oltre 100 anni con le Istituzioni del Paese in un insieme di sinergie sistemiche per una
mobilità più sicura ed efficiente. Saremmo ben lieti di avviare un confronto costruttivo e
propositivo anche con la Federazione Italiana Amici della Bicicletta. Spero quindi di
risentirLa presto.
Con i più cordiali saluti
Ing. Angelo Sticchi Damiani