La tradizione ecologica 2



Entro un mese entrerà in vigore una direttiva comunitaria per eliminare gli oggetti di plastica usa e getta: piatti, cannucce, bastoncini dei palloncini, palettine per sciogliere lo zucchero, scatole di polistirolo per alimenti caldi, e così via. Poco più di due anni fa si parlava di metterci sopra una tassa, ma “non era il momento”. Non è mai il momento, lo sappiamo, e in questo modo la transizione non arriva: resta la tradizione, cioè continuare a fare quello che abbiamo fatto finora.
Poco importa se i residui di plastica si sbriciolano e diventano mangime per i pesci (che poi finiscono in tavola), o nei fiumi, sulle spiagge o nelle reti dei pescatori.
Qualcuno ha sollevato il problema dei 160.000 lavoratori impegnati nel settore, ed è una giusta preoccupazione, ma sono due anni e mezzo che l’Europa ha preso questa decisione: non c’era il tempo per cambiare e modificare la produzione e le abitudini? Eppure qualcuno chiede una moratoria di un (altro) anno...
Tra l’altro, anche la bioplastica non è esente da queste limitazioni, e nemmeno i piatti di carta con il lato superiore plastificato.
La plastica è un materiale eccezionale, tanto che è un peccato usarla e buttarla via dopo pochi minuti di utilizzo.
Se transizione deve essere, che sia: ci preoccupiamo della forchetta di plastica (che si rompe sempre: capita solo a me?), mentre ci aspetta una rivoluzione nel modo di lavorare, abitare, muoversi.

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