Sembra impossibile a pensarci, ma fino a poche settimane un importante signore con un ciuffo giallo-arancio negava l’esistenza di un cambiamento climatico in corso. Poi in questi giorni abbiamo visto quello che è successo in Texas.
Nel mio immaginario Texas significa deserto, rodeo, cactus, cowboys, petrolio, il gippone con il fucile dentro, Dallas (
il telefilm), stivaloni a punta e cappellone. In questi giorni invece guardo i giornali e la Tv e mi par di vedere l’Alaska, però disorganizzato e con decine di morti.
Temperature rigidissime (anche -15°), centrali elettriche bloccate, tubi spaccati dal gelo, blackout generale. Ho letto testimonianze dove si parla di scarsità di cibo e di acqua (da far bollire), o di qualcuno che per scaldarsi ha bruciato quadri e mobili. Qualcuno ha tentato di scaldarsi in auto tenendo il motore acceso ma in garage: molti sono morti con il monossido di carbonio.
Adesso che gli Stati Uniti sono rientrati negli accordi di Parigi mi auguro che sul cambiamento climatico non si torni indietro.
Ah, dimenticavo: su “Repubblica” di ieri c’era una foto emblematica: un albero crollato a causa della tempesta ad Austin. L’auto sotto l’albero era ibrida, e l’ho preso come un monito: con il cambiamento climatico ci si salva tutti insieme, o nessuno.