Aria, o quel che ne resta 31



Ha fatto scalpore la nuova edizione del rapporto Mal’aria di Legambiente, uscito pochi giorni fa.
Anzi, ripensandoci, non proprio: molti amministratori, sempre attenti alle classifiche, questa volta hanno preferito ignorare la questione, probabilmente per il semplice fatto che quasi tutte le città subiscono una bocciatura.
Il rapporto ha preso in considerazione i livelli di inquinamento di Pm10, Pm2,5 e NO2 nei capoluoghi italiani nel periodo 2014-2018. Il problema è che hanno utilizzato come valori di riferimento quelli raccomandati dall’Oms e non quelli dell’Unione Europea, che sono molto più permissivi- Qualche maligno potrebbe far presente che nell’Oms non producono automobili, mentre nell’Unione Europea sì, ma queste considerazioni lasciamole ai complottisti.
Il voto per la nostra città è stato 3, quindi pienamente insufficiente. Anzi, qualche professore potrebbe valutarlo addirittur come irrecuperabile, ma voglio ancora sperare che si possa invertire la rotta.
La speranza è l’ultima a morire, ma gli ultimi dati dell’Agenzia europea per l’ambiente stimano per l’Italia 58.600 morti premature per Pm2,5, 14.600 per NO2 e anche 3.000 per l’ozono: il totale fa 76.200 morti premature per queste cause dell’inquinamento. Che, se non sbaglio, sono il doppio delle vittime italiane del Covid 19. Più di uno ha trovato un collegamento tra le zone più inquinate e quelle più colpite dall’epidemia: aspettiamo risposte certe, quello che è certo è che manca la consapevolezza della gravità dell’inquinamento dell’aria. Intanto, a giorni si accenderanno gli impianti di riscaldamento.

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