Alla fine ci siamo arrivati: l’emendamento ad personam o forse, più precisamente, ad stadium: la soprintendenza viene esautorata dalle sue funzioni di tutela del patrimonio culturale (perché questo è lo stadio fiorentino) e l’opera (non più) tutelata può essere smontata e spostata altrove, anche con forme e dimensioni diverse. In pratica, come andare a vedere la torre di Pisa all’Italia in miniatura o la veneziana piazza San Marco a
Disneyworld.
Sono d’accordo che funzionalità e sicurezza dell’impianto siano fondamentali, ma il punto è proprio questo: se di bene architettonico si tratta, tutela e funzionalità devono stare insieme. Un modo si può trovare, se ci si siede ad un tavolo e non se si lanciano ordini credendo di aver ragione.
Non è un problema di burocrazia (davvero non è mai stato presentato un progetto vero?), ma semplicemente di fare quattrini. In barba a quello che, fino a pochi giorni fa, era un vanto della Firenze contemporanea. Le mie competenze sull’argomento sono praticamente nulle, ma leggo articoli e commenti scandalizzati di tecnici, studiosi ed ex soprintendenti su come sta andando a finire questa storia.
Va benissimo restaurare e migliorare lo stadio che già c’è, ma non si può smantellare quello che lo rende unico per farci un supermercato.