Lo sappiamo già, ma un ennesimo
studio continua a confermarlo: una ciclabile non è sufficiente a promuovere la mobilità alternativa.
Sebbene lo studio abbia coinvolto 49 persone (non tantissime, direi) tra ciclisti, genitori, pedoni e disabili, quello che emerge è di buon senso.
In generale, se si eccettuano i paesi del “ciclismo reale” (Olanda e Danimarca su tutti), la mobilità per le categorie più deboli viene progettata es eseguita sostanzialmente come sottomessa gerarchicamente a quella automobilistica. Non ci vuole un genio, direi, per trovarne le prove anche nella nostra città: basta andare a qualche incrocio e vedere i tempi degli attraversamenti pedonali, come sul viale Belfiore o in piazza Batoni, e non voglio toccare l’argomento delle interruzioni per i lavori.
Lo studio riporta anche la condizione di ansia diffusa di chi si ritrova su percorsi promiscui o con protezioni risibili come le strisce verniciate mentre accanto altri veicoli sfrecciano veloci, che si tratti di auto o bici. Non solo: anche una ciclabile protetta può risultare inadeguata se segue un percorso cervellotico o insensato.
Abbiamo ancora molta strada da fare, anzi, da cambiare.