venerdì 17 giugno 2011
Nella cronaca fiorentina di Repubblica compare una intervista a Valerio Parigi. 
Si mormora che i toni su "insensibilità", ostilità miope e competenza di varie figure dell'Amministrazione fiorentina fossero più marcati ...
Vedi sotto od in originale cliccando qui.  
IL PERSONAGGIO
	        
	        
        
        
            “Difendo il popolo a due ruote  
Firenze, devi amarci di più”
        
        
            Valerio Parigi è una delle anime di FirenzeinBici. E ha un sogno: avvicinare la città agli standard dell’Europa
        
        
            di ILARIA CIUTI
        
    
         
	        
	            
	            
	        
        
        	
            «Ho vissuto a lungo fuori Italia, venti anni soprattutto 
nell’Europa del nord e in Germania. Ho una moglie tedesca, i miei figli 
vivono all’estero, quando vado a trovare quello che sta a Berlino e vedo
 come vivono là i ciclisti e come funziona in genere il traffico mi 
sento frustrato». 
Valerio Parigi, informatico cinquantottenne vive 
sulla bici anche ora che è tornato da dieci anni a Firenze, è uno dei 
nove consiglieri di FirenzeinBici.net che è una delle associazioni  e il
 sito dei ciclisti fiorentini che, con 450 soci, è presieduta da Massimo
 Boscherini. Parigi è anche membro della Fiab nazionale, l’associazione 
dei ciclisti italiani con 15.000 iscritti e una presenza in 150 realtà 
locali.
 Perché sottolinea la sua vita europea?
Perché sottolinea la sua vita europea?
«Perché
 spiccano le diversità con l’Italia. Ormai in tutta Europa la politica 
delle città, ma a anche delle nazioni, ha fatto scelte sulla mobilità 
largamente trasversali che vanno, da Zapatero alla Merkel,  in direzione
 completamente opposta alla nostra».
 Cioè?
«In 
Europa hanno deciso che bisogna liberarsi dello strapotere dell’auto, 
ovvero di far sì che l’intero spazio urbano non sia più occupato da 
motori che costituiscono un veleno in due modi: con l’aumento del 
servizio pubblico e con la facilitazione dell’uso bicicletta».
 E noi no?
«No, in tutti e due i casi. Non facciamo né questo né quello»
E così quando  è tornato a Firenze è rimasto spiazzato?
«All’inizio quasi stupito. Beh, mi sono detto, qui almeno un po’ di piste ciclabili ci sono. Ero contento ma è durata poco».
Perché ha scoperto?
«Che
 erano frammentate, che si andava avanti solo a spezzoni, che manca una 
rete razionale per tutta la città, che sono insicure soprattutto nei 
punti chiave come gli attraversamenti».
Deluso?
«Soprattutto
 perché l’atteggiamento dominante è quello dell’abbandono e del 
disinteresse. Vigili urbani e tecnici comunali della mobilità sono 
sostanzialmente insensibili alla bici. Faccio un esempio. Negli incroci 
tra un pezzo di pista ciclabile e un altro le bici devono avere un loro 
attraversamento che faccia continuare la pista e sia distinto da quello 
dei pedoni. Fino a poco tempo fa questi attraversamenti erano segnalati 
in rosso come le piste ciclabili, poi, via via che il tempo stinge il 
colore, non vengono ridipinti e, se si rifanno le strade, vengono 
eliminati. Quello che è comico è la scusa: dicono che la vernice rossa, 
identica a quella delle strisce bianche per i pedoni, farebbero 
scivolare gli scooter». 
Firenze nemica della bici?
«Domina
 il partito del gippone. Non ci sono facilitazioni per chi pedalando non
 inquina e non ingombra. Anzi gli si mettono i bastoni tra le ruote».
Anche ora che il sindaco pedonalizzerà una vasta parte della città?
«Bisognerà
 vedere come potenzierà i mezzi pubblici e come organizzerà le bici 
dentro l’area pedonale, ma anche quante piste o percorsi dedicati ci 
saranno fuori per arrivarci direttamente. L’iniziativa è buona, ma va 
organizzata. E poi c’è anche il resto della città». 
 Lei parla di dura vita della bicicletta, eppure la gente pedala.
«Sempre
 di più, il numero di chi va in bici è raddoppiato negli ultimi cinque o
 sei anni. Si parla di circa 30 mila persone che pedalano ogni giorno 
con modalità totalmente fai da te, le quali fanno nascere attriti e 
conflitti e generano la sensazione che la bici sia esclusivamente un 
intralcio. Basti l’esempio della possibilità per chi pedala di andare in
 doppio senso anche nelle strade a senso unico che non siano di grande 
traffico che c’è in tutta Europa e ormai anche in molte città d’Italia, 
ma non qui. E’ una misura che rientra negli interventi di facilitazione 
della bici allo scopo di rendere più vivibile l’intera città, non solo 
il centro storico. Il conflitto deriva dal fatto che i ciclisti qui 
devono arrangiarsi per evitare i lunghi e tortuosi percorsi: ho 
calcolato che, per rispettare il divieto a non transitare in soli 70 
metri di corsia preferenziale, peraltro invasi dalle auto, le bici tra 
piazza San Marco e piazza Indipendenza dovrebbero fare un percorso di 
1.800 metri invece di 600. Quando la scelta di escluderle dalle corsie 
preferenziali è solo dell’amministrazione e non del codice della 
strada».
Perché  ha cominciato a impegnarsi con FirenzeinBici.net?
«Mi piace molto. E’ un modo diverso di fare politica. Non per intrallazzi o discorsi, ma sui problemi concreti e dal basso». 
Ma la macchina ce l’ha?
«Certo,
 non sono un estremista. Ma la uso con parsimonia, quando devo andare a 
trovare gli amici in campagna o per altre reali necessità. Non lo faccio
 per partito preso, ma perché mi muovo meglio così. Le assicuro che si 
vive benissimo».
Link espliciti:
http://firenze.repubblica.it/cronaca/2011/06/16/news/difendo_il_popolo_a_due_ruote_firenze_amaci_di_pi-17794102/