Lo vuole obbligatorio



Ho letto sui giornali della preoccupazione per i ciclisti morti in incidenti stradali nei primi tre mesi di quest’anno: il comunicato dell’Asaps ne ha contati 44, contro i 37 dell’anno scorso e i 33 del 2018.
I titoli di giornale hanno parlato di un morto ogni due giorni, e fatti due conti (182) sono meno di quelli che sono morti lo scorso anno (253). Lasciamo perdere questa macabra contabilità, anche perché in questi primi tre mesi dell’anno c’è stata una forte limitazione della circolazione, e quindi in prospettiva il numero fa ancora più spavento, visto che la bella stagione porterà un ulteriore aumento dei ciclisti in giro.
Tra i vari articoli che ho letto, ho trovato anche la dichiarazione del responsabile della sicurezza della federazione ciclistica italiana: preoccupazione, ovviamente, e indica alcune cause che posso sintetizzare in tre punti: aumento del numero dei ciclisti, ciclabili da migliorare, automobilisti distratti. Finisce come al solito: “E’ giunto il momento di rendere obbligatorio il casco”.
Eccoci qua, ci siamo (di nuovo) arrivati. E’ davvero necessario il casco obbligatorio per comportamenti scorretti altrui? Sarebbe come obbligare gli studenti delle scuole statunitensi ad indossare il giubbotto antiproiettile per ridurre le vittime di qualche pericoloso e armato coetaneo: molto più semplice che ridurre le armi in circolazione, molto più comodo colpire la vittima invece del persecutore.
Visto che la guida distratta è molto pericolosa, è quella da punire. I modi ci sono, e non è necessario ricorrere a una decina di frustate come talvolta si usa in qualche Paese neorinascimentale: basta  una macchina fotografica che fotografa tutte le auto che passano in vari punti della città, e un vigile che, seduto nel suo ufficio, scorre sullo schermo le immagini scattate inviando il giusto castigo a chi armeggia con il telefono, si fa la barba o si trucca. Quando è in pericolo la vita delle persone, non c’è privacy che tenga.

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