Il complotto



Attenzione: le prossime righe contengono argomenti di nessun valore sociale, invito quindi le persone più sensibili ad abbandonare la lettura qui…
Siamo a giugno, ancora nel mezzo dell’epidemia che ha colpito il mondo intero. Voglio però fare una riflessione partendo da un pensiero che mi ronza in testa da giorni.
Torniamo indietro a cinque mesi fa. Era l’inizio di gennaio, e in televisione circolava lo spot del babbo col gippone che portava il bimbo a scuola mentre i suoi amici erano al parco a fare a pallate (grazie babbino, faremo i conti tra una decina d’anni). Lì per lì era semplicemente una pubblicità di dubbio gusto, ma poi… è arrivata l’epidemia.
Pensateci un po’: il bimbo arrivava in una scuola vuota, seguito poco dopo da una compagna, fortunata (si fa per dire) come lui. Scuola deserta, bambini distanziati… vuoi vedere che i fabbricanti del gippone sapevano già del virus, della chiusura delle scuole e del lockdown? Chi gliel’ha detto? E il bambino che cantava “non voglio stare solo”? Era un messaggio in codice? Sapevano della chiusura delle scuole e della didattica a distanza? E la sciarpa del bimbo, era già un simbolo della mascherina? E che dire allora del gippone che viaggiava solitario, proprio come nelle settimane della chiusura? Intorno nessuna auto in movimento, e nemmeno parcheggiata: una situazione impossibile da trovare in natura.
Pensateci: quello potrebbe essere stato non essere solo uno spot, ma un insieme di messaggi in codice, destinati a qualcuno.
E cosa c’è oggi? Torna la pubblicità del gippone, ma il taglio è diverso: dopo l’epidemia, l’invito è a ripartire, e per  cosa c’è di meglio di comprare un gippone prodotto in Italia da un’azienda anglo-olandese? E perché sentirsi Italiani negli spot (o quando gioca qualche nazionale) e non quando è il momento di pagare le tasse?
Provate a pensarci: i due spot sono collegati tra loro? Nel primo ci sono i segnali che preparano il secondo? Chi potrebbe, razionalmente, invitare a comprare un gippone per migliorare le condizioni del Paese mentre stiamo uscendo (speriamo!) da un’epidemia terribile?
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