Ma mi faccia il piacere 64


Mentre sulla “Nazione” stavo leggendo il titolo dell’articolo “Quando negare l’auto è negare la Costituzione”, la prima reazione è stata fare un balzo sulla sedia. Poi ho letto il contenuto, e ho l’ho trovato un interessante esercizio di stile, anche se un po’ paradossale.
Il senso dell’articolo, che prende lo spunto dal caos generato nei giorni scorsi dal cantiere nei pressi di Careggi, è riassumibile in poche parole: il diritto alla salute (art. 32 della Costituzione) è esercitabile se il luogo della cura e delle visite è accessibile… in auto, almeno in certi casi. Riguardo l’automobile, “chi la ostacola e osteggia l’uso, senza volerlo, nega il diritto alla salute”. Eccomi qua.
Premetto che può sempre succedere di accompagnare qualcuno in ospedale o di farsi accompagnare, che è legittimo (e vorrei vedere) e considerando che non sempre è possibile andarci in bici, motorino o tramvia, ma pensare che l’auto sia uno strumento a tutela della salute non credo sia mai venuto in mente a nessuno dei Costituenti mentre scrivevano la Carta fondamentale. Mi sembra anche azzardato filosoficamente considerare come strumento di attuazione del diritto alla salute un oggetto che l’anno scorso, solo in Italia, ha contribuito a produrre buona parte dei 3.039 morti e 224.634 feriti: non mi pare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità consigli l’uso di automobili come salvavita, anzi.
Più che al traffico, direi che la negazione del diritto alla salute sia data dal tempo necessario per avere un esame: provate a prenotare un’ecografia, e il sistema vi fisserà un appuntamento tra un anno e forse più.
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